Genuino Clandestino - Viaggio tra le agri-culture resistenti ai tempi delle grandi opere
/In Italia, per fortuna, esistono forme di resistenza contadina alla globalizzazione del tutto simili a quelle messe in atto dai vignaioli naturali. Nonostante lo stato di abbandono delle terre coltivate. Nonostante la cementificazione selvaggia. Nonostante l'attacco frontale della burocrazia che tenta di cancellare le piccole produzioni locali.
Sono forme di resistenza molto più difficili e gravose, e con conseguenze ancora più pesanti, visto che l'agricoltura non ha certo la stessa visibilità mediatica della viticoltura, né tantomeno i suoi ritorni economici. Eppure - incredibilmente - in questa Italia esistono davvero giovani, uomini e donne, estremamente coraggiosi che sfidano il sistema, lasciando la vita di città per ricominciare da zero in campagna, disposti a ingaggiare una battaglia in difesa della terra e del cibo autoprodotto, in nome del proprio diritto alla libertà.
A testimonianza di ciò esiste anche un libro frutto (coerentemente) di un lavoro corale pubblicato nel 2015: si tratta di Genuino Clandestino (Terra Nuova ed., pp. 272, 18 euro), il quale, lungi dal volere essere esaustivo, ci racconta un’Italia inedita attraverso l’esperienza di contadini che si riconoscono in un movimento (chiamato appunto Genuino Clandestino) senza portavoce né strutture gerarchiche, nato nel 2010 "per denunciare un insieme di norme ingiuste che, equiparando i cibi contadini trasformati a quelli delle grandi industrie alimentari, li ha resi fuorilegge".
Seguendo la stagionalità della natura, i quattro autori compiono un viaggio da marzo a novembre attraverso l’Italia. Dieci tappe, dal Piemonte alla Sicilia. Dieci storie. A ogni tappa ciascuno fa il suo: Michela Potito cerca di catturare le emozioni, redigendo un diario in cui registra immagini, voci, suoni, frammenti di conversazioni, Roberta Borghesi si occupa degli approfondimenti che stanno alla base delle scelte radicali dei contadini, mentre Sara Casna e Michele Lapini si occupano della narrazione fotografica, catturando scene di vita familiare, sguardi, emozioni, momenti lavorativi e paesaggi. A ogni tappa cambiano gli scenari, le coltivazioni e le essenze, i lavori in campagna. Ciò che non muta sono le scelte di vita dei protagonisti impegnati in una lotta per il diritto all’autodeterminazione alimentare.
Da nord a sud le esperienze sono le più disparate. Tra i contadini ribelli c'è chi produce tisane di erbe raccolte ed essiccate, chi coltiva ortaggi e produce conserve, chi raccoglie le olive e produce olio, chi alleva mucche e maiali, pecore e capre, chi produce carne per autoconsumo e formaggi da vendere ai gruppi di acquisto, chi coltiva grani antichi e produce prodotti da forno con lievito madre, chi produce vino, chi raccoglie agrumi e mandorle, avocado e capperi. E tutto in mezzo a tanti bambini, in spazi condivisi, dove non esiste né proprietà né ricorso alla chimica.
Nei reportage, invece, il libro ci racconta i molti aspetti storici e legislativi che provocano una ricaduta pesante sulla vita quotidiana dei contadini ribelli, come la difesa della biodiversità attraverso la conservazione dei semi, l'importanza delle relazioni nella costruzione di una comunità, la resistenza in Val di Susa, la riappropriazione delle terre demaniali, il mutamento delle zone rurali negli ultimi cinquant'anni e la legislazione inerente alla trasformazione casalinga dei prodotti contadini, solo per citare alcuni esempi.
Genuino Clandestino è un libro chiaro, profondo e ben scritto, un'immagine tridimensionale in cui poesia e profondità si bilanciano perfettamente: mentre le pagine del diario in presa diretta e le fotografie ci catapultano nel mezzo della scena, assieme ai protagonisti, facendoci condividere il desco, la cura di un bimbo, lo sfalcio dell'erba o un giaciglio improvvisato, il reportage giornalistico racconta con maggiore distacco le ragioni profonde che hanno portato alla resistenza e al rifiuto di un sistema.
Ragioni su cui dovremmo tutti riflettere. Di fronte alla minaccia del cibo industriale non siamo forse tutti smarriti e impotenti? Non ci sentiamo forse tutti traditi e un po' complici?