Boca Day 2015 - La verticale di Antonio Cerri (1950 - 1990)

Boca, 6 dicembre 2015. Verticale vorticosa e imperdibile dei vini di Antonio Cerri. Una di quelle che attendi con impazienza dopo aver rubato qualche magico assaggio qua e là nel corso degli anni. Una di quelle che non puoi permetterti di perdere perché sai che non ce ne saranno altre prima di dieci anni.

Le regole di Christoph Künzli, patron di Le Piane e organizzatore dell'evento, sono due. Uno: niente verticali fino al 2025. Due: un bicchiere solo per volta, niente confronti, solo pezzi unici. Sette annate, dal 1990 al 1950. Il che significa essere costretti a vuotare il bicchiere prima di procedere all'annata successiva. La costruzione di un momento unico e irripetibile. Lo sforzo immane della memoria emotiva per registrare l'attesa, l'attimo e la nostalgia. Una fatica antica che provoca un dolore dolce e persistente. Spiazzante.

Si incomincia.

Boca 1990, arancia sanguinella, dattero e crema al gianduia.

Boca 1985, tabacco, fieno e fungo secco al naso, una nota salmastra da ostrica in bocca, in splendido equilibrio tra freschezza e tannino.

Boca 1984, note casearie da robiola di Roccaverano, e poi - come uno schiaffo - vernice, chinotto e rosa canina al naso, mela cotta e chiodo di garofano in bocca.

Boca 1975, amaretto, castagna e amarena in infusione.

Boca 1971, dopo un iniziale sentore di cantina derivato dalla botte, un'esplosione di frutta fresca e marasca.

Boca 1961, fico secco che presto si tramuta in fico d'India e pasta di mandorle, dolce e leggero, freschissimo.

E infine lui, a chiudere la serie con mirabile linearità e coerenza: Boca 1950. Lacca e cuoio. Mallo di noce. Il vino della Rigenerazione. Trascendente. Sublime. Legato come in un filo di perle a ogni singola annata, anche le più recenti, così riconoscibile e pure così rarefatto, essenziale, perfetto. All'Origine del tutto. Con le radici ancora immerse nel cuore del vulcano, è un canto che si libera di un sortilegio e ci raggiunge da un mondo che non c'è più, è un testamento che ci parla del futuro di questa terra. Sospeso tra magnificenza e oblio.

Fine della corsa. Una corsa a ritroso nel tempo che mi ha lasciato senza fiato, emozionata e felice a tal punto da farmi desiderare di salire di nuovo sulla giostra e di non scendere più.

BOCA DAY. SECONDO GIRO DI GIOSTRA

Due giorni più tardi.

Ebbene sì. Lo confesso. Non ho potuto farne a meno. Inseguendo un desiderio infantile di felicità estrema simile a quella che, da bambina, provavo risalendo sulla giostra, martedì 8 dicembre sono tornata a Boca. Questa volta, però, non volendo accontentarmi di un incontro fugace e clandestino con ogni singola annata (gioco di sguardi, sussulto al cuore e repentino distacco), ho chiesto a Christoph di poter disporre di più bicchieri per un incontro simultaneo con le singole pagine del diario segreto di Antonio Cerri.

Altro giro di giostra, altre emozioni.

Un Boca 1990 così riconoscibile (arancia sanguinella, dattero e liquirizia, fava di cacao e caramello) accanto a un 1985 - questa volta versione magnum - molto più ampio della versione tre litri, avvolto da un manto di arancia candita e timo, meravigliosamente fresco. Maturo l'uno, ancora scalpitante l'altro. Un Boca 1984, bocca più magra e naso più pulito e lineare, un poutpourri di rosa canina e chinotto, all'interno del quale si infila - sopraggiunta da chissà quale galassia - una sorprendente nota di glutammato.
Un Boca 1975, semplicemente meraviglioso, bottiglia ancora migliore di quella già strepitosa aperta domenica. Un Boca 1971, integro e fresco, un tripudio di note balsamiche, fresia e mela renetta. E infine un Boca 1961, carrube, mela cotogna e nota malaga al whisky, resina d'abete e uvetta lasciata al sole ad essiccare, un vino grandissimo, da meditazione, di quelli che non smetteresti mai di bere.

La batteria dei vini era lì di fronte a me come la tastiera di un pianoforte. A sinistra le note scure, oscure, profonde, amare. A destra le note chiare di cristallo, verticali, dolci, avvolgenti. Dal rosso granato al rosa antico. Dal chinotto alla mela cotogna. Dalla voluttuosità di un broccato alla leggerezza della seta. Nel mezzo solo un filo d'oro, sottilissimo e prezioso, che attraversava i bicchieri e le annate, rivelando la naturale e sorprendente evoluzione di tutta quella bellezza.

E il Boca 1950? Come direbbe Emily Dickinson, del vino della Rigenerazione ora mi rimane soltanto un fugace ricordo di ametista: la sensazione fortissima, al risveglio da un sogno, di essere stata compiutamente felice.